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In una approfondita conversazione con Simonetta Fiori, giornalista di "Repubblica", Emilio Gentile riflette sul rapporto che la società italiana ha con il Risorgimento e il suo patrimonio ideale, a centocinquant'anni dall'atto di nascita dello Stato italiano. Ne esce un ripensamento complessivo dell'esperienza risorgimentale che investe totalmente l'atteggiamento degli italiani verso lo Stato nazionale. La nostra mancata coscienza nazionale e civile è stata sostituita da un generico senso di italianità, che costantemente oscilla tra miseria e nobiltà, in un processo di smarrimento collettivo, accentuato da una disordinata modernizzazione rimasta priva di una guida politica, e in cui non mancano le responsabilità del ceto dei colti e anche della storiografia italiana (e anglosassone), lungamente disattenta alla questione nazionale. Dalle grandi divisioni ideologiche tra liberali e gramsciani all'attuale 'inno risorgimentale' che accomuna studiosi di ispirazione diversa, passando attraverso i processi contro il Risorgimento degli ultimi decenni, Gentile si confronta con i maestri e gli ispiratori della storiografia novecentesca - da Croce a Salvemini, da Gramsci a Gobetti - per poi dialogare con Renzo De Felice e Rosario Romeo, fino a discutere le tesi degli attuali protagonisti del dibattito intellettuale, da Ernesto Galli della Loggia a Gian Enrico Rusconi, da Giuseppe Galasso a Paul Ginsborg e Alberto Mario Banti, da Denis Mack Smith a Christopher Duggan.